“Ah, beh, sì, certamente, come al solito. Stipendio orario aumentato del 20%?”
“15% stavolta, purtroppo le direttive dell’azienda richiedono meno sprechi.”
“Marianna…”
Il Direttore si ritrovò in una casa, questa volta una casa che non conosceva. In una culla c’era un bebé che dormiva, da qualche parte nella casa una musica di due violini. Girando per la casa, la fonte della musica si rivelò essere un uomo che impartiva lezioni di violino ad una bambina, sorridendo. Arrivò una signora a portare via la bambina, l’uomo prese il cellulare e lesse. Fece l’espressione di chi ha visto qualcosa di molto deludente, e poi telefonò. “Pronto Mari … no, figurati, ti aspetto fino a mezzanotte … mi farò uno spuntino adesso e ceniamo insieme, a Paolo gli faccio io il biberon, non ti preoccupare … dai, ci vediamo dopo, ti aspetto.” Gettò il cellulare sul divano e si sdraiò con disappunto. Apparecchiò il tavolo, e sua moglie entrò, era la Geroni. Baciò il marito e il bambino, e insieme cucinarono e cenarono. “Lo conosco quell’uomo, l’avevo sempre considerato un idiota, sapevo stessero insieme, ma non credevo si sarebbero sposati.” commentò il Direttore.
Passò un’altra immagine davanti ai suoi occhi: c’era il suo supermercato e c’erano i suoi impiegati in divisa, i clienti entravano ad un ritmo di circa uno ogni dieci minuti. Una cassa del supermercato era stata imbandita di cibi e bevande e i suoi impiegati avevano organizzato una cena di natale improvvisata con degli spaghetti riscaldati, del pandoro e dello spumante. Parlavano, ridevano e scherzavano. “Stanno bevendo sul posto di lavoro!” esclamò il Direttore. “Suvvia, non essere così quadrato.” gli disse lo Spirito “Nessuno si sta ubriacando marcio, è Natale poi.” Quasi a leggere il Direttore nel pensiero, un energumeno nigeriano di quelli che facevano da security diniegò l’offerta di un bicchiere di spumante, poiché sul lavoro non si poteva bere. “Eddai” gli rispose un’impiegata. “Tanto anche se rubano qualcosa è la merda che ci smena, non tu.” – “Dai ragazzi, magari, se siamo fortunati, a guidare con questa bufera la merda ci è rimasta.” il Direttore si sentì un groppo in gola. Intervenne Augusto in sua difesa:
“Lei, dunque, per un sogno si è comportato in questa maniera?”
“Porca puttana, mi è caduto il filtro.”
Il punto di ogni analisi tradizionale dei fenomeni di rivolgimento storico non sta nell’individuare il marcio insito nel mondo precedente al fenomeno rivoluzionario in questione, sovente evocato quale alibi, ma nel valutare la valanga di putredine e vermi che scaturisce dal mondo successivo; un compito ingrato di cui ci si sta incominciando a dimenticare fin troppo spesso, non solo in quegli ambienti umani che pur si nutrirono di pane e di vero o presunto “tradizionalismo” bensì in tutti gli aggregati politico-sociali contemporanei dotati di un minimo di cultura e capacità di analisi, preferendo piuttosto individuare UN “nemico”, spesso morto e sepolto, ed assolvere fino all’inverosimile ogni misfatto di chi, a questo Ur-nemico atavico, si è storicamente contrapposto.
In questo, si nota una progressiva degenerazione dell’immaginario verso toni crepuscolari i quali, come raccomandò anche Evola nei suoi scritti specie post-bellici, non riuscendogli mai del tutto in prima persona essendo egli stesso ancora inficiato da qualche lascito di vecchio conservatorismo aristocratico, non devono farci indulgere nel nostalgismo nei confronti dello stato di putrefazione precedente, ma semmai spingerci ad un rivolgimento totale, ad un futuro radioso per sua natura eternamente simile al prisco passato mitico ed immemoriale, il quale sussiste eternamente come fonte purissima a cui attingere per cambiare la nostra realtà interiore, e per riflesso anche l’esteriorità che ci circonda. Ad ogni sensazione crepuscolare, dalla naturale malinconia romantica, persino rigenerante per l’anima se inscenata nei confini codificati dell’Arte come ben sapevano i nostri Avi, fino agli “atavismi del crepuscolo” evocati dal regime ipnotico vigente, bisogna contrapporre, o perlomeno sempre preferire quando si palesa una scelta, la potenza dell’Aurora, di un alba radiosa.
Ogni rivolgimento sociale, politico e religioso, naturale quanto i vermi o i corvi che fanno piazza pulita di una carcassa mezza marcia, oppure indotto da forze di varia natura, può rappresentare per un attimo una ventata d’aria fresca o uno spiraglio in cui cercare di aprire una finestra che schiarisca le tenebre: esistono Geni “specializzati” in questo, che possono “sporcarsi le mani” e fare quello che gli Dei non solo non fanno, ma che non potrebbero mai fare per loro stessa natura. Etnarchi, Potenze di Stirpe che, per pura legge di causa e di effetto, possono incarnarsi nei momenti e nelle forme più impensabili, condizionando persino le persone più distanti da qualsiasi permeabilità razionale verso il Sacro e verso una idea divina e non animalistico-laicale di Patria.
Inevitabilmente, però, il sommovimento, l’idea “nuova”, se non si abbevera di Eterno, lascia il passo all’invecchiamento, al rigor mortis e, se continua a propagarsi cambiando di forma, nella Storia, altro non può divenire che una persistenza psichica, una traccia astrale nell’Anima del Mondo; volendo semplificare, un fantasma; a quel punto la si può onorare, sotto forma dei Mani di un Antenato che ha compiuto il suo trascorso terreno, nei modi e nei tempi ritualmente stabiliti (ricorrenze scelte nei periodi più adatti, celebrazioni storico-sacrali, ecc.), aiutando quelle parti che furono state vicine all’Aurora ad emergere dal mortifero guscio come farfalle da una crisalide, per poi ascendere al rango di Lari, figure eroiche e semi-impersonali per loro caratteristica mondate dai cascami dell’io anagrafico. La seconda opzione, favorita da chi non controlla la sua psiche, o peggio è indotto da parte di eggregori psichici (sette, chiese, governi, partiti, gruppuscoli o anche molto di peggio), è quella di evocare continuamente tali memorie sotto forma di vere e proprie larve psichiche (il guscio, svuotato, della sopracitata crisalide di farfalla), di condizionamenti slegati, o veri e propri Lemuri (frammenti d’anima insoddisfatta, fantasmi) facendo leva sull’empatia (assolutamente naturale, ma che può deviare verso lo psicopatologico) verso chi, per quelle idee, è stato magari ammazzato, stuprato, trucidato e via dicendo. Così nascono antifascismi in assenza di fascismo, ghibellinismi in assenza di guelfi, giacobinismi in assenza del Re di Francia e così via… vere e proprie tracce psichiche di idee invecchiate e, naturalmente, morte assieme a chi le manifestò, evocate in modo non troppo diverso dalle larve e dagli spiriti con cui si gioca durante le sedute spiritiche, ossia coinvolgendo le emozioni: curiosità, potere, rabbia, paura ma anche empatia, simpatia, amore, voglia di fare del bene, ricordi…
Nella nostra tradizione i morti sono sacri, sono veri e propri Dei minori, ma si onorano nel tempo e nei modi prescritti: eccedere significa aprire la porta a gusci vuoti che dei nostri cari defunti hanno solo la parvenza, mossi in realtà da pura determinazione vampirica, o al peggio, da Enti avversi. A queste forze negative, generate dall’insoddisfazione, da una Psiche non del tutto liberata al momento della morte, magari avvenuta in gioventù o a causa di profonde sofferenze interiori prima che esteriori, il Romano-Italico, come i popoli coevi del ceppo Europeo, si rapporta in modo pio, ma fermo. Che siano frammenti d’anima insoddisfatta e non ancora ricongiunta al Fuoco della Stirpe e della Salvezza (familiare e pubblica, mai del tutto “individuale”, presupponendo l’inconsistenza dell’ “Io Anagrafico” nei confronti dell’ “Io Storico”) o veri e propri spiriti maligni addobbati di sembianze simil-paterne, il Romano getta loro fave nere e prega affinché la Stirpe sia redenta da ogni contaminazione; con il suono del sacro bronzo li allontana, senza disprezzo, poiché alla fine di Febbraio, Maggio, Agosto e ad Ottobre-Novembre onorerà con i dovuti Riti i suoi defunti, i suoi buoni Mani, che per Legge possono interagire con i vivi in sogno e per vincolo di Sangue, ma non scorrazzare in libera promiscuità con i viventi, mossi da correnti caotiche e disordinate, naturali\stagionali come anche evocate da “maghi neri” e “controiniziati”, non certo dalle loro forze. Un culto diverso, sempre onorato, è quello dell’offerta di Fuochi perenni, familiari, gentilizi come pure pubblici, alla dimensione dei Lari, la corrente ‘alta’, spirituale e purificata della Stirpe: una Potenza pura, ignea, immemoriale, senza età.
“Belli, Fiorenti, Sempre Giovani”, si dice dei Lari, come dei Sidhe della tradizione gaelica, degli Elfi della tradizione germanica, degli Eroi… Di questo in particolare abbisogna questo mondo deprivato del Sacro, intrappolato in una necropoli di ideologie profane, di scheletri di figure storiche, di scimmiottamenti dell’Impero condotti anche in ottima fede ma conclusi con la morte fisica dei loro fondatori, da cui corpi morti il Genio che eventualmente li ha ispirati se ne va inesorabilmente, non trattenuto da niente che sia con-forme al Sacro e al Rito. Del trattenere nel mondo i Geni che, per Legge di Simpatia Universale, sono stati assegnati alla nostra Stirpe e del fertilizzare la materia altrimenti semi-inerte con la Magia che da Essi scaturisce, non di “nuove idee”, destinate a puzzare di carogna nell’arco di una o poche generazioni, ha bisogno la nostra Italia-Hesperia e la Civiltà Europea tutta. Con questo pensiero nel cuore, gettiamo fave nere ai Lemuri di chi, all’interno della Stirpe ha sofferto, o fatto soffrire, morendo insoddisfatto e portiamo rose fresche ai nostri cari defunti che hanno vissuto con semplicità i loro limiti e i loro pregi assegnati loro dal Fato.
All’indomani, però, rinfocoliamo il Fuoco dell’ Eterna Aurora, e sacrifichiamo noi stessi alla sua Luce, affinché nel nostro mondo rinasca il Sole. Un Sole che è lo stesso del giorno prima eppure sempre nuovo e che non ammette lacrime per ogni volta che può essere apparentemente morto, solo per poi rinascere sempre in un coro di voci divine.
Di ritorno dal nostro viaggio che ci ha portati dai monti del Frignano verso Roma, passando per i colli ricchi d’acqua di Bologna, per le Balze del Fumaiolo dove nasce giovane e già impetuoso il Tevere e per l’Umbria gentile attraversata dal sempre fiorente Clitunno, vi auguriamo il meglio per l’Anno Romano 2768 a.U.c, iniziato con i venti impavidi di Marzo ed ora coronato dalla rinascita dell’Urbe e dalle feste della pastorale Pales.
Già si prefigurano le Nonae del mese lunare di Aprile, e la Madre degli Dei già arride alle terre protette dal suo sguardo benevolo; vicino è già il fasto dì di mezzaluna crescente che annuncia il Natale dei Dioscuri.
Aspettando il rifiorire eterno di Hesperia, incarnato dalle feste di Flora, e la luminosa esaltazione dei fuochi di Belenos e Sirona nelle Gallie, auguriamo ai nostri Amici e Sodali una serena, luminosa e proficua stagione primaverile nel solco della nostra tradizione avita.
AMBRONES!
Un nuovo anno è finalmente cominciato, e con l’avvicinarsi delle feste dei Palilia, di quel 21 Aprile anche Giorno Natale di Roma, siamo lieti di annunciarvi l’undicesimo numero di Arya, nostra rivista ufficiale.
Come ogni anno, l’inizio della stagione primaverile e dell’Anno Religioso alle Calende di Marzo, non possono che riportarci alla mente l’Anno Uno in cui la nostra Tradizione, oltre che Italica ed immemoriale, si fece compiutamente anche Romana: l’anno in cui, 2768 anni fa Re Romolo fondò Roma. Anno Uno, e non banalmente “primo anno”, perché quella che potrebbe sembrare la fondazione di un insediamento italico-indoeuropeo trai tanti, fu piuttosto la riconnessione del nostro ciclo storico discendente con il momento eterno ed a-temporale della Divina Emanazione dal Centro: il Divino si incarnò nuovamente nella Storia, tramite le azioni di Romolo, Quirino fatto uomo, figlio di Marte e di tutti gli uomini della sua stirpe, fisica o spirituale, che continuarono con abnegazione e spirito di sacrificio a compierne le gesta luminose in un mondo che, al contrario, si faceva sempre più oscuro; uomini che, nella maggior parte dei casi, non hanno lasciato dietro di se nemmeno il loro nome, a beneficio del Nume di Roma, eretto a difesa e centro sempiterno della Italica Madre Terra e dell’Europa madre di popoli.
E’ indubbio come ancora oggi, in un mondo precipitato in una dimensione a-mitica ed a-spirituale, dove la superstizione rappresenta gran parte della spiritualità per l’appunto “superstite”, Roma sia essenzialmente un Mito: come tutti i Miti essa è rivelatrice di Verità per chi ha mente sgombra e cuore puro, e sorgente di infinite fantasie, belle e brutte, per chi invece si ferma alla superficie. Non vi tedieremo ulteriormente a proposito di come, in cattiva o buona fede, Roma sia di volta in volta eletta a presunta antenata delle ideologie e delle estetiche più improbabilmente lontane dalle sue prische origini: modernismo, imperialismo occidentalista, edonismo, neo-fascismi caricaturali, innumerevoli “nuove Rome” evocate attraverso decine di teorie contrastanti.
E’ normale ed inevitabile, come Venere ispirava ingenui e licenziosi versi di poeti ellenizzanti, come si finì per credere (in epoca relativamente recente) che davvero Giove fosse una sorta di buffo donnaiolo che dimorerebbe su una nuvola, che anche il Mito di Roma abbia tutta la sua serie di deviazioni, poeticamente romantiche quanto aride e deprecabili, da ignorare o da combattere.
E’ piuttosto altro che ci preoccupa: immaginate che Roma sia un Sole che irradi tutte le nostre Terre italico-hesperiane ed europee, e che qualcuno voglia coprirlo con una cappa scura. Per proteggerlo? Per rubarlo? Lasciamo a voi il giudizio su qualcosa che è sempre stato fatto, non in ultimo dai primari responsabili della grande ascesa dell’ateismo e della superstizione negli ultimi secoli di S.P.Q.R. Il furto del Sole, che non si spegne, che continua ad ardere, che brucia teli su teli, che i vecchi e i nuovi ladri devono continuamente cambiare, talvolta bruciandosi le lunghe vesti, è oramai storia antica.
Recentemente osserviamo il riemergere, in chiave strumentale, di una delle più pericolose teorie fanta-mitologiche a proposito di Roma, vale a dire tutto quell’insieme di visioni pseudo-esoteriche, occultistiche, fantasiose, massoniche e para-massoniche secondo cui l’Urbe Eterna e lo spazio da essa regolato, specie nella sua fase imperiale, altro non fosse che un bellissimo e vuoto contenitore di mai esistito marmo bianco, volto a contenere tutto meno che la Tradizione Italica che ha generato Roma quale sua prosecuzione e difesa dall’Età del Ferro: idee pericolose, perché ammantate di misticismo, occultismo, autoreferenziali patacche iniziatiche che di certo non possono risalire a prima del 18°\19° secolo, fideismo e dogmatismo. Idee che vedono Roma come assolutamente disgiunta dalle sue radici storiche Etrusche, Italiche ed Indoeuropee (rispetto alle quali è comunque qualcosa di diverso, di nuovo-antico), radici che vengono persino dileggiate o sminuite: Roma è vista invece per quello che fu la sua periferia, o meglio per quello che esprimeva le più varie spiritualità, misteriche, religiose o superstiziose che fossero, diffuse nei territori che Roma amministrò storicamente; un Egitto spesso più immaginario che reale, una Caldea dai confini e dalla lingua che sfuggono ad ogni serio confronto con l’accademia, druidi reinventati nel 1700, nonché tutti gli sviluppi esoterici medievali e rinascimentali, spesso mitizzati e poco conosciuti. Roma vista, quindi, come null’altro che quella forza un po’ rozza e contadina (si noti come il termine “pagano” sia largamente utilizzato all’interno dei discorsi di chi ripropone strumentalmente tutto questo vecchiume), ed un pochino quella brava amministratrice di leggi (intese modernamente), vittoriosa per calcolo strategico ed infaticabile costruttrice di strade ed acquedotti e bonificatrice di paludi. Non a caso tutta questa mitologia spopola presso chi pensa che il bonificare paludi e il costruire opere pubbliche renda una particolare fase storica delle nostre terre, che nessuno qui sterilmente depreca, degna erede di Roma!
Non ci vogliamo certo scagliare, come peraltro precisato nell’incipit, contro immaginari fantasiosi a proposito di Roma, che quando verifichiamo essere negativi semplicemente combattiamo senza odio o disprezzo alcuni.
Lungi da noi criticare la lontananza di un Dante, di un Cornelio Agrippa, di un Giordano Bruno, dallo spirito di una Roma prisca della quale l’oscurarsi visibile gli rendeva forse difficile capirne l’Essenza… anzi! L’Amore per Roma ispirò il Rinascimento esoterico, artistico e poetico, come prima aveva ispirato Trovatori e Fedeli d’Amore! L’amore romantico per qualcosa che era creduto in buona parte perduto, perlomeno per il momento. Di diversa pasta, secondo noi, è già l’arroganza titanista dell’occultismo recente nei confronti dell’Idea Romana, vista come un mero contenitore di Misteri più immaginati che reali, visti attraverso la lente di una impostazione massonicheggiante, confondendo le Divine Iniziazioni che risvegliano la Mente (Proclo) con fumisterie magistiche tutte moderne (o meglio, considerate deprecabile superstizione nell’Antichità), volte alla (opinabile) salvezza individuale del singolo o di piccoli gruppi di fortunati. Roma come muro di scudi legionari, mura possenti, leggi sicure, giustizia, vittoria a solo uso e consumo di una manciata di “iniziati” mai esistiti per come costoro li immaginano: persone irreligiose, che irridono la Religione tradizionale, che disprezzano i Riti e non li onorano, che si sentono superiori ed estranei al popolo e alle sue leggi. Ma nemmeno vogliamo scagliarci contro chi in passato, nella sua opera di ri-centratura, cadde vittima di distrazioni in parte causate dalla mancanza di conoscenza effettiva e di umiltà nei confronti degli Avi e degli Dei. E’ contro chi oggi continua, alla luce di quanto riemerse e riemerge sempre più forte, rifiorente in seno a Flora, ad agitare il recente passato con le sue teorie ben poco religiose, contro l’antichità degli Avi stessa e contro la stessa idea che vede rinascere l’Italia odierna nel solco dei suoi antenati italico-indoeuropei prima di tutto, per essere poi scaldata e rifecondata dall’Eterno Sole di Roma, che noi non possiamo far altro che opporci: chi in nome di egotici personalismi ed eruditi collezionismi di idee altrui non fa che irridere la verità per cui la nostra Tradizione vive, pulsa, rifiorisce, e ad essa ci si possa riavvicinare, ri-centrandosi. Parlano di “devozionalismi religiosi inutili nel Kali Yuga”, parlando senza conoscere la tradizione indiana che citano e la cronologia dei tempi appartenenti a tale Ciclo secondo i nostri parenti d’Oriente. Roma stessa nacque in pieno Kali Yuga, se ha senso mescolare senza riguardo la cronologia sacra di due tradizioni congiunte, eppur diverse. In piena Età del Ferro, per usare i nostri riferimenti di Tempo Sacro, la Roma di Romolo si rimanifesta, su di un sito per altro già sacro, dove è logico intuire che altre “Rome prima di Roma” si manifestarono in passato. Contro i cosiddetti “pagani” costoro parlano di irriducibile diversità tra il pensiero religioso, volto al controllo delle masse e a soddisfare ingenue credenze popolari, ed un “pensiero iniziatico”, volto unicamente alla salvezza del singolo. Sfugge a costoro quanto l’iniziazione misterica renda al contrario ancora più lucida la religiosità di un Platone, di un Proclo, un Giuliano Imperatore e più salda la Fides di un Varrone e di un Macrobio? Non crediamo. Se è vero che i moderni cercano di vedere sé stessi negli antichi, reputiamo sia impossibile, per chi afferma tutto questo, ignorare dati di fatto noti a chiunque sia un minimo istruito su quanto i nostri Avi ci hanno lasciato di scritto. Non sappiamo perché tutto questo, e altro, venga ripetuto come una sorta di “mantra della disperazione”. Non sappiamo perché una parte di quel mondo “tradizionalista”, invece di consigliare, appoggiare o anche solo ignorare la rinascita dei Fuochi Sacri nella visibilità e nella materialità delle odierne Europa ed Italia, vada invece a scagliarsi contro chiunque osi ri-conoscersi nella Tradizione dei Padri. Alcuni probabilmente agiscono in totale buona fede… la loro “fede”, ossia una neo-religione creata al tavolino dalle idee di pensatori del secolo appena trascorso; altri esprimono, anch’essi in totale onestà con loro stessi, la propria appartenenza a famiglie Geniali diverse da quella Italico-Romana. Alcuni fanno la mosca cocchiera, convinti che ad agitare le idee altrui si possa venire finalmente considerati. Tutto ciò fa parte di ciò che è ‘normale’.
Infine, probabilmente esiste, anche se ci piacerebbe che non fosse così, chi nella sua hybris è realmente convinto di poter piegare Geni, Dei e Tradizioni ai suoi capricci, e di poter rubare il Sole nascondendolo sotto la tela di un prestigiatore.
Quando Roma fu fondata, fu dotata di un Limes invalicabile con la forza: la sua prima vittima fu Remo, fratello gemello del fondatore Romolo. Qualcuno ci dice che scavalcò il pomerio per ignoranza e buona fede, altri ci narrano che lo fece per invidia ed arroganza: in ogni caso tutti concordano sul fatto che Remo morì per aver scavalcato, armato, il Confine, il Limite, e che suo fratello lo pianse amaramente. La sua morte è la garanzia che la Legge, se augurata e con Giove Ius-Pater come garanzia divina, è certa. Il Sole non può essere rubato, non c’è feticcio che possa imitarlo e non c’è straccio o palandrana che possano annebbiarlo in eterno.
Roma Renovata Resurgat!
Passate anche le feste del dio Terminus (23 Febbraio), Dio dei confini e della fine dell’Anno Religioso Romano-Italico ci apprestiamo a cominciare un nuovo anno di attività ed esplorazioni, in vista dell’inizio del ventoso Marzo, mese della Primavera ancora fresca e battagliera, mese in cui ricomincia la stagione attiva e luminosa dell’Anno.
A Marzo comincia infatti l’Anno Sacro Romano, come cominciavano numerosi calendari agricoli dei nostri avi Italici ed Indoeuropei; a Marzo, benché il vento e le ultime gelate possano ancora dire la loro sotto il segno dell’asprezza di Marte, la vita si appresta a rinascere e con essa la nostra voglia di ripartire alla riconquista della nostra ‘geografia sacra’ d’Hesperia-Italia.
Come ultima novità del mese di Febbraio che ci stiamo lasciando alle spalle, informiamo i nostri Sodali, Amici e lettori che l’edizione annuale del nostro almanacco ufficiale Fasti Hesperiani è in corso di stampa, e che sarà disponibile a partire dai prossimi giorni.
L’almanacco, piccolo-grande libro di circa 70 pagine, è innanzitutto un Calendario dell’Anno Religioso Italico-Romano e Gallo-Romano, secondo la nostra interpretazione, valido da Marzo 2015 fino a Febbraio 2016 compreso.
Ad accompagnare le tabelle dei mesi, come di consueto, dodici nuove illustrazioni della nostra artista e sodale Feles (Eleonora Stella), che ci accompagneranno come una narrazione attraverso il nostro ritorno al ciclo temporale hesperiano e alla dimensione mitico-arcaica delle antiche terre d’Italia, dall’assolata Sicilia alle terre settentrionali di Gallia Cisalpina e di Rezia, all’ombra delle Alpi innevate, tra Dei, Eroi, Ninfe e Primavere Sacre; all’arte figurativa di Eleonora si aggiunge la bellissima grafica di Andrea Incani, principale ideatore dell’Almanacco, anche quest’anno traspirante della saggezza agreste degli antichi lunari dei secoli passati, eppur (archeo)futurista, e rampante come la nostra bella Lupa, e carico di energia come le Folgori dello Scudo Hesperiano. A commento dei Mesi, in cui feste lunari e solari, Romane e pan-europee, misteriche e folkloristiche, si alternano e si intrecciano, preziose pagine di poesia religiosa tratta dai Fasti di Ovidio a proposito della natura del Tempo e dei Mesi, dell’origine dei nomi delle Feste e degli Dei; alle citazioni di Ovidio, che quest’anno subentra al Varrone del ‘de lingua Latina’ che abbiamo inserito l’anno scorso, si aggiungono anche nostri commenti ed interpretazioni a riguardo di aspetti mitici, archetipici e storici a proposito dei Mesi a cura della Societas Hesperiana pro Culto Deorum, e nostre riflessioni a proposito di come i diversi periodi dell’Anno Sacro fossero vissuti dalle antiche compagini italiche di allora e di come sono vissuti attualmente dalla nostra odierna compagine Hesperiana.
L’Almanacco “Fasti Hesperiani” è un documento creato per i nostri Sodali, per i nostri Amici e per i nostri lettori assidui, ha una tiratura limitata ed un prezzo simbolico di 15 Euro. Come sempre ricordiamo che qualsiasi nostra pubblicazione non ha fini di lucro e che niente viene percepito dagli autori; le donazioni consigliate per acquistare il nostro materiale cartaceo sono pensate per coprire le spese sostenute e per costituire una piccola cassa dedicata in primo luogo alle offerte rituali, in secondo luogo a tutte le numerose attività che il Sodalizio degli Esploratori Hesperiani e l’associazione religioso-culturale della Societas Hesperiana organizzano sul territorio.
Spediamo in tutta Italia (spese di spedizione e imballaggio 3€); per ogni dettaglio scriveteci.
Il calendario è ordinabile solamente contattandoci tramite l’email ambronesitalia@libero.it o contattando la Societas Hesperiana all’indirizzo hesperiana@libero.it
Potete anche mandarci un messaggio attraverso Facebook, a “Societas Hesperiana” oppure ad “Esploratori Hesperiani”. Non richiedeteci il calendario tramite commenti a post, poiché non vivendo incollati ad un computer rischieremmo di perderli nel marasma della rete: scriveteci un messaggio privato!
Assieme all’Almanacco è possibile ordinare i numeri di Arya, nostra rivista ufficiale, dal 6 al 10 compreso, ad un prezzo suggerito di 5 euro l’una, senza spese di spedizione aggiuntiva.
Il numero 10, uscito l’Aprile scorso, contiene informazioni sul 21 Aprile, nascita di Roma, e sui Luoghi Sacri dell’Urbe che torneremo ad onorare a breve, come di consueto.
Abbiamo disponibili ancora alcune stampe, in formato A3 delle illustrazioni della prima edizione dell’Almanacco, a cui presto faranno seguito quelle tratte dalle opere di Eleonora-Feles che hanno illustrato l’anno appena trascorso.
Se siete interessati, cogliete l’occasione per chiederci l’amicizia e chiedete anche di essere aggiunti al gruppo “Amici degli Esploratori Hesperiani”, dove condividiamo informazioni, articoli, immagini, consigli, critiche ed osservazioni; non esitate a chiederci ulteriori spiegazioni e chiarificazioni riguardo al Calendario, che quest’anno contiene un mese intercalare per mantenere inalterato negli anni il rapporto tra il Sole e la Luna, sulla nostra tradizione religiosa, sulle nostre attività e a proposito di qualsiasi tematica vogliate condividere con noi.
Aspettando il nuovo Anno per farvi gli auguri, vi auguriamo una buona chiusura dell’anno 2767 a.U.c in via di conclusione: che il Vento e il Sole di Marzo spazzino via i residui malaticci dell’Inverno, che di nuovo le genti d’Hesperia si inviino sulla pista del Lupo, del Picchio e del Cinghiale ! AMBRONES!
Il peggio Tartaro profondo, l'”inferno dantesco” della letteratura, se vogliamo, cono d’ombra creato dall’Idea del Non-Essere, esiste anche nella nostra Tradizione, e non è certo identificabile con questa nostra Terra, con la Materia, che per quanto densa e “bruttina”, è comunque immagine e somiglianza del Divino, retta ed ordinata dal Demiurgo (che non è il Supremo, e quindi può “sbagliare”), animata da un’Anima, vegliata dagli Dei sensibili e dagli Arconti celesti, tutta pervasa di Geni e Spiriti, costantemente “salvata” e riplasmata dall’Amore divino, di cui l’Uomo spirituale è agente primario.
L'”inferno” non è esattamente quello che sostiene una certa forma superstiziosa diffusa in varie religioni moderne, ma esiste eccome, ed ogni negazione profonda del Principio Divino ne spalanca le porte, e lo scatena nel mondo.
L'”imperfezione” della Materia, è tale soltanto in confronto al Principio Primo, non è assoluta; ciò la rende un campo di battaglia, tra l’Idea dell’Essere e l’Idea del Non-Essere, che non esiste ma, avendo noi capacità di scelta, può manifestarsi come terribile e distruttiva “forza apparente”.
In fisica non esiste il “freddo”, esiste però l’assenza di calore. Il Male è esattamente questo. La sua non-esistenza oggettiva, come quella del “freddo” nella fisica moderna, non ne esclude la reale percezione, manifestazione e non esclude che sia possibile studiarne la fenomenologia.
Il freddo potrà anche “non esistere”, ma lo avvertiamo, e accendiamo Fuochi contro di esso.
Sul piano ‘invisibile’, sottile, questi stessi Fuochi, accesi con consapevolezza, intenzione e Fides, sono il richiamo per tutto ciò che di Luminoso dimori sopra, attorno e dentro di Noi, sono la manifestazione fisica e tangibile di Forze ed Enti che ristabiliscono la centralità dell’Essere ovunque ci sia stata una hybrida e gigantica negazione di esso.
Una delle cose più irritanti ed inquietanti del periodo in cui siamo nati, col senno di poi, altro non è che l'”adolescenza prolungata” (a volte fino ai quarant’anni passati!), con annesso il mito dei “ggggiovani” (l’esercito del surf!)… il credere che senza scimmiottare gli adolescenti (leggasi minorenni, o comunque persone sotto i 19 anni) una persona adulta non possa divertirsi, ridere, scherzare, fare l’amore, avere ideali trascinanti senza essere la caricatura del sopracitato adolescente, con le sue turbe, instabilità, le sue “prove contro il mondo”, le sue ribellioni, il suo sessualismo esasperato, tutte cose che caratterizzano l’adolescenza da secoli, ma che sconfinano nella vita del ‘giovane adulto’, la persona dai 19\20 anni in poi, soltanto da un paio di generazioni, non in ultimo “grazie” alla “rivoluzione” sessantottina e al diffondersi delle “identità subculturali di mercato”, con cui si può giocare alla “costruzione dell’identità”, ovviamente basso-aggregativa e suburbana, fino ad una età in cui una mal capita “età adulta” si fa avanti prepotente, carica di impegni, del culto del lavoro, della famiglia de-sacralizzata (quando va molto bene!).
Ecco che così il “gggiovane” (sic.), avendo passato tutta l’età in cui i suoi Antenati, i suoi stessi nonni senza andate troppo “indietro”, costruivano Famiglie, si battevano per Ideali (giusti o sbagliati che fossero), e se il Fato lo voleva assistevano pure a momenti terribili o gloriosi della propria Nazione, facendo la propria parte nel bene e nel male, senza per questo smettere di divertirsi e rapportarsi con allegria e serenità alla Realtà circostante a, diciamolo in francese alto-medievale, CAZZEGGIARE, poi si trasforma istantaneamente, come se avesse ingollato una pozione in ciò che la società odierna chiama “adulto”, vale a dire un disilluso che pensa quasi solo al lavoro, a rapporti interpersonali meccanicistici, in cui un mai represso e fin troppo coltivato Ego (l’egoismo adolescenziale, formativo nel giovane, ma che andrebbe fatto evolvere e ritualmente ucciso crescendo e venendo reintegrati nella Comunità), sperimenta alienazione, scorno, frustrazione, rendendo la persona di fatto un “bambino invecchiato male e precocemente”.
Il giovane europeo, quindi i giovani dei popoli italici tutti, specialmente settentrionali per via di fattori storico-culturali e di vicinanza con il mondo centro-europeo, tende a crescere più lentamente nel fisico e negli atteggiamenti, rispetto ai giovani di altre parti del mondo. Ciò porta a non pochi problemi, e certi fenomeni di bullismo a sfondo razziale, in realtà di convivenza multiculturale forzata, ne sono una delle più evidenti manifestazioni. In ogni caso, questa nostra caratteristica genetica (riflesso di differenze ‘geniali’, inerenti al Genio della Stirpe), contiene lati di forza, tra cui una maturazione sì più lenta, ma allo stesso tempo molto più profonda, perlomeno in linea teorica e generale: un sedicenne africano è molto più maturo, fisicamente parlando, di un sedicenne europeo, ma sovente, e per tutta una serie di ragioni, la maturità interiore di un ventenne delle due stirpi tende ad avvantaggiare un Europeo, a parità di formazione e di situazioni del vissuto, anche solo perché una formazione più lunga offre sicuramente più stimoli evolutivi, piuttosto che un adattamento veloce ed immediato a comportamenti sociali adulti. E’ piuttosto chiaro che, se il punto di partenza è una caratteristica se vogliamo innata, di certo non è innato un prolungamento dell’adolescenza che sia così forzoso, innaturale, costruito su logiche ormai completamente avulse da qualsiasi tradizionalità, fosse anche soltanto residuale. Non in ultimo, l'”adolescenza bruciata e prolungata”, avviene ormai, negli ultimi anni, associata addirittura ad una “infanzia violata”, dove si demistificano le fantasie, le fiabe, i Miti, dove si avvia il bambino, tramite una educazione sempre più da apprendisti stregoni e sempre più lontana dalla pedagogia tradizionale, ad essere anch’egli consumatore ed individuo-atomo, nonché ad una sua abominevole sessualizzazione… non solo l'”adolescenza” ruba spazio all’età del giovane-adulto, ma la ruba prepotentemente all’infanzia, inserendo nella tarda età del gioco e della fantasia l’elemento dell’esibizione dello status sociale, attraverso vestiti e mode, della sub-cultura a spese della reale Identità, nonché della sessualità esibita più che realmente voluta o capita.
Pare dunque che questa “adolescenza” sia l’età preferita del sistema sociale in cui viviamo immersi, e non ce ne stupiamo, essendo l’età dell’indefinito, del “né carne né pesce”, “né bambino né adulto”… l’età ideale per il perfetto cittadino della Civiltà dell’Indefinito e del Nulla!
Tutto questo, di fatti, è funzionale ad un certo “nuovo ordine”, sociale, politico ed (a)spirituale, che qualcuno teorizza e, con consapevolezza o meno di cosa stia facendo e quali principi incarni bel farlo, sta già da tempo mettendo in pratica: giovani che si ribellano in modo convulso, discontinuo, a-gerarchico e scomposto, adulti che si sentono vecchi e deridono i maldestri slanci dei giovani, essendo consci di essere stati esattamente come loro, fanno un Popolo castrato e perfettamente sottomesso, e ciò è in sinergia con la, conscia o meno non ci deve interessare più di tanto, distruzione spirituale, etnica, estetica, culturale delle nostre genti, portata avanti da Forze avverse ai nostri Enti Etnarchi italici, romani ed indo-europei.
Un approccio Identitario, Spirituale, Comunitario, Etno-Religioso (id est, Gentilizio), Tradizionale alla vita combatte tutto questo con TUTTE le sue forze, e sia ben chiaro che tutto questo, il riconoscere che questa è una lotta e che l”avversario’ (che è anche dentro di noi!) ci vuole imbelli ed incapaci, non deve MAI toglierci il sorriso, la voglia di scherzare, l’amicizia, la musica, l’amore, lo slancio ideale che vanno restituite a TUTTA l’esistenza e la vita umana, non solo ad una adolescenza fittizia ed alienante, castrante, partorita dal mondo opposto al Nostro e non in ultimo dagli studi sociologici delle industrie pubblicitarie della seconda metà del ‘900, che si accorsero che prolungando la fase di incertezza dell’adolescente, sempre alla ricerca di una identità costruita attraverso beni di consumo, si realizzavano maggiori profitti.
Superare questo ‘nodo’ incapacitante, e combatterlo nella società, è una delle più grandi sfide di un movimento giovanile, Identitario e Religioso come il nostro, nonché della gioventù Italica ed Europea tutta; ne va dello stesso futuro della nostra Civiltà.
La nostra Gioventù è da viversi sotto l’egida di Iuventas Dea che, assieme a Marte e Diana, formava le fratrie e le sorellanze iniziatiche dei giovani e delle giovani Italiche e Romane, non sotto il segno di mode e subculture, sia che esse siano progettate nelle centrali estetiche ed ideologiche funzionali ai paradigmi vigenti, sia che vi siano ad essi opposte, e quindi marginalmente utili, ma scomposte e prive di un riferimento tradizionale reale e profondo. Iuventas, la Giovinezza, assieme a Terminus, Dio dei Confini, furono gli unici Numi che non lasciarono i loro altari quando questi dovevano essere spostati per far posto al Tempio di Giove Ottimo Massimo, segno che l’esistenza del Limite e la sacralità della Giovinezza non sono adombrati nemmeno dal Re degli Dei e segno che nessun uomo deve trascurarne il Culto quando nemmeno Giove volle fossero obliati o relegati in secondo piano.
In quanto giovani Italici, Gentili e centrati nella nostra Identità, dobbiamo essere pronti ad affrontare la Primavera Sacra, l’esilio nel Bosco (qui jungherianamente inteso) a cui siamo stati chiamati, affinché esso ci insegni tutto ciò che può insegnarci, in vista della ri-Fondazione della nostra Civiltà, e degli eterni valori del Mos Maiorum. Non più paludi, foreste intricate e razziatori di vacche affrontano oggi i novelli Fabi e Quintili, ma giungle di cemento, sirene più ingannevoli di quelle che udì Ulisse nel suo viaggioci sussurrano nelle orecchie e non semplicemente rozzi sono coloro che ci circondano, ma sovente empi ed a-spirituali, ed ostili a tutto ciò che un giovane Vir ed una giovane Virgo, radicati nella propria tradizione, incarnano. Questa è l’epoca in cui viviamo, il mondo in cui siamo nati, simile eppur diverso a tante altre epoche barbariche e senza Legge che ci hanno preceduto. In quest’epoca siamo chiamati a vivere e lottare, in questa ed in nessun altro mondo virtuale ed immaginario che possa sollazzare la nostra fantasia. In questa Realtà dobbiamo incarnare i nostri valori, coltivare il Mos e la Pietas, rendere orgogliosi di noi gli Antenati e distogliere verso di noi lo sguardo degli Dei quando rivolgiamo ad essi preghiere pie. Per fare tutto questo, occorre bruciare il fantoccio dell’eterno “adolescente” che ci è stato accuratamente preparato e cucito addosso, per ritrovare la Nostra, autentica, Eterna Giovinezza.
AMBRONES!
Ancora una volta, facciamo ritorno dal nostro annuale Campo Invernale di Introduzione alla Sopravvivenza, un “campeggio duro”, senza tenda e disponendo di poche comodità, con cui intendiamo formare i nostri (e le nostre) Sodali, aiutarci a combattere le paure più ataviche, il bosco, il freddo, il buio, la Natura selvaggia, nonché fornire i rudimenti più introduttivi per la sopravvivenza in situazioni critiche; lo spirito di queste esercitazioni non è per noi MAI solamente “sportivo”, “ludico” o di becera sfida, ma vuole fornire ai nostri Sodali competenze pratiche nonché elementi di riflessione interiore, che possono tornarci utili in tutti gli aspetti della nostra vita, non in ultimo in vista di una certa “disintossicazione dalla Modernità”, vale a dire non criticarne sterilmente e dialetticamente i presupposti, bensì riconoscerne fisicamente i limiti.
Immergersi nella Natura senza nessuno strumento tecnico, o con soltanto quelli che si è deciso precedentemente e consapevolmente di portare, non è una rievocazione del passato: nessuno dei nostri Antenati ha mai vagato in modo bestiale trai boschi, se non per necessità e per periodi limitati. D’altro canto, la sospensione di certi aspetti della Civiltà, e qui intendiamo sia la Civiltà propriamente detta che l’attuale definizione di “civiltà moderna”, sovente sua caricatura svuotata, può meglio farci riconoscere il valore del vivere civile, della natura Politica dell’umanità, l’indubbia utilità della tecnica (che comincia dall’accensione del Fuoco, mai scontata, mai gratuita e non sempre facile in tutte le condizioni climatiche e geografiche!), la fragilità del vivere civile, specialmente nel contesto moderno e post-moderno di una società svuotata dell’elemento del Sacro. Come le Primavere Sacre dei nostri Avi Italici ed Indoeuropei, il nostro ciclico estraniarci dal contesto civile, scandito da momenti propizi del Calendario, il nostro Ritorno al Bosco, non vuole essere visto come contrapposizione all’Urbe ma come Iniziazione Giovanile al vivere civile, alla Vera Civiltà, che è Scelta Eroica ed anti-individualista e non grigia amministrazione burocratica.
L’assumere come realtà possibile che l’attuale aggregato sociale possa essere, e sia, debole e fragile, che possa eventualmente sprofondare nel caos e nella povertà da un momento all’altro, e l’esercitarsi ad essere pronti a questa evenienza, non è un profetizzare sventura, non è un gioco di ruolo catastrofista, non è nemmeno un auspicare per eventi che sarebbero in larga misura drammatici per la maggioranza delle nostre genti, ma è semmai una dimostrazione di saldezza interiore, consapevolezza e forza, che, con l’aiuto dei Geni delle nostre Terre e degli Avi, nostri alleati spirituali, vogliamo fare nostra.
Con pazienza, senza arroganza e senza inutili esibizionismi figli degli stereotipi hollywoodiani che non appartengono alla nostra Tradizione (e a nessuna tradizione!), continuiamo quindi per la strada del Bosco, stagione dopo stagione, anno dopo anno, verso la ri-fondazione interiore ed esteriore della nostra Città degli Dei, tendendo l’orecchio verso ogni consiglio i silvani Fauno e Feronia vogliano darci.
AMBRONES!
Mercoledì 17 si aprono le feste e si offre a Saturno.
Inoltre si festeggia la vigilia delle feste della Dea Epona nella tradizione gallo-romana.
Giovedì 18 Secondo giorno dei Saturnalia, continuano le feste di Saturno e di Epona.
Venerdì 19, si celebra la divina Ops Consivia, sposa di Saturno, colei che ci dona Abbondanza per le nostre anime e i nostri corpi.
Sabato 20, festa dei Sigillaria, ci si scambiano i doni in attesa della rinascita del Sole.
Sabato 21, Divalia, notte del Solstizio; si celebra la silente Angerona, custode del travaglio dell’Infante Solare, che rinasce al mondo. Quest’anno equivale anche al momento di Novilunio.
A cavallo tra queste due date celebreremo la ricorrenza dei Saturnalia ed il Solstizio.
Domenica 22, proseguono le feste di Solstizio, con il culmine della fase astronomica reale. Dalla mattina del 22, infatti, il Sole ricomincerà a rinascere fattivamente. Secondo il Calendario Lunare, comincia anche il nuovo Anno per il computo di Numa; si festeggiano dunque le Calende Ianuarie del culto domestico ed è propizio scambiarsi rami di vischio o di arbores felices, sacri agli Dei superi.
Anticamente, nella città di Roma si festeggiavano i Lari Permarini, custodi degli imbarchi, spiriti presenti con altri nomi anche nelle altre mitologie indoeuropee d’Hesperia e d’Europa.
Lunedì 23 Settimo ed ultimo giorno dei Saturnalia, in cui si recano offerte ad Acca Larentia, e con questa festa si concludono i Saturnalia Antichi.
A seguire, Mercoledì 25 si onora il trionfo del Sole Invitto, resosi manifesto dopo quattro notti di travaglio, poi incluse in tempi successivi ed imperiali nei ‘Saturnalia Nuovi’.
Auguri per le prossime Feste!